martedì 7 ottobre 2008

serata BEAT generation

Non ha nulla della sterile rievocazione di un periodo storico la “Serata Beat Generation”, tenutasi venerdì 27 a Levizzano Rangone. Sul palco allestito presso Campo San Rocco si anima un frammento di spirito beat, accessibile a chiunque abbia occhi e orecchie per riceverlo. Introduce Alberto Ronchi, assessore alla cultura della Regione Emilia Romagna che, nel rispondere al quesito che titola il suo intervento: “Perchè mi piace la Beat Generation”, apre -una scatola magica da cui ognuno di noi può pescare una propria passione e seguirne il filo, tanti sono i percorsi che questo movimento del secondo dopoguerra americano ha sviluppato-. Ciò che esce dalla scatola è -la passione per la vita- di cui Antonio Bertoli, poeta, scrittore, performer, denuncia la mancanza nella politica italiana per indurci a riflettere sul fatto che -quello beat non fu un movimento politico, ma seppe fare della libertà di linguaggio il mezzo per affermare che è possibile vivere in un mondo diverso-. Bertoli decide di omettere la sua proiezione, tratta da “the beat generation”, per lasciare spazio agli spettacoli dal vivo di due miti viventi della beat generation: Ed Sanders e John Giorno.
La reading di Sanders è ritmo e dialogo con un pubblico che accoglie i suoi inviti insoliti, come ripetere il verso di una poesia ispirata da un’immaginaria condanna al Presidente degli Stati Uniti: -mettiamo George Bush in prigione!-. -Andare oltre è un concetto sacro, che non può essere sconfitto-, questo è uno dei messaggi per cui Sanders è grato alla Beat Generation. Va “oltre” anche John Giorno, definito da William Burroughs il più grande poeta pop che sia mai esistito, con la sua reading fatta di contaminazioni e attriti tra poesia, musica, canti tibetani. Fra droghe come sacre sostanze e “la saggezza delle streghe”, fondamentalisti religiosi come virus e ringraziamenti che non ringraziano nessuno, emerge un mix di provocazioni tra il fastidioso e l’illuminante.
Cosa ci aspettavamo? Due storici della Generazione Beat? Invece sul palco si esibivano due anime profondamente Beat.
A chiudere la serata, che oramai si fa nottata, è Andrea Gibellini, con “The western side of words” il quale richiude la scatola della poesia americana contemporanea con le sue circostanze storiche.

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