giovedì 27 gennaio 2011

il ricercatore universitario: all'estero si spera meglio!

Marcello, 34 anni, ha conseguito il dottorato di ricerca in Fisica all’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia nel 2004, dopo essersi laureato in Fisica con 110 e lode nel 2000.

Ha un'esperienza decennale maturata trascorrendo periodi di ricerca all'Università di Lecce e al Fritz Haber Insitute di Berlino. Gli ultimi due anni lo hanno visto nuovamente a Modena, detentore dell’ennesimo assegno di ricerca, per lo studio su scala atomistica, delle proprietà strutturali ed elettroniche di nanofili. Marcello è riuscito a coniugare la sua attività da ricercatore con il matrimonio e la paternità: una mosca bianca fra i suoi colleghi che condividono con lui la precarietà di una posizione professionale legata a sempre nuovi assegni di ricerca che si sostituisco ad altri assegni ormai scaduti, e così via per anni. Dieci, nel caso di Marcello, che dopo lo scadere dell’ultimo contratto, ha deciso di svincolare il suo destino da questo gioco al massacro fatto di continui concorsi ed esami che non lasciano intravedere possibilità di carriera. "Per continuare a fare il fisico come ho sempre desiderato, dovrei emigrare, l’Italia non mi dà speranze. Ma come padre non posso permettermi di espatriare e tanto meno di rinegoziare ogni anno la mia posizione lavorativa nella speranza che le cose cambino; pertanto sto cercando lavoro fuori dal mondo accademico. Mentre aspetto che il mio curriculum vitae sia preso in considerazione da qualche azienda, consapevole che l’età non mi aiuta e mi passeranno davanti ragazzi dottorati di fresco, sono tornato a fare l’istruttore di nuoto. Avevo smesso 10 anni fa, proprio per laurearmi".

Eppure in questi dieci anni Marcello ha dato importanti contributi alla fisica, in Italia e all’estero. Come si fa a crescere psicologicamente se il sistema universitario, tenendoti la testa premuta nella precarietà, ti nega un lavoro stabile, una carriera e quella minima sicurezza economica che ti permette di progettare il futuro?

"Io e i miei colleghi siamo come congelati all’età di 27/28 anni, quando abbiamo preso il dottorato. La nostra posizione equivale a quella che coprivamo allora: abbiamo poche o nessuna responsabilità né libertà d’azione. Non si diventa mai adulti professionalmente, così. E diventarlo nella vita richiedo un grande sforzo".

All’estero è diverso?

"In generale il mondo universitario all’estero è più dinamico, gode di un’immagine più prestigiosa, dispone di più fondi e quindi di più posti. Ti viene riconosciuta più autonomia, non sei necessariamente legato ad un professore, come spesso accade qui: ad un certo momento della carriera puoi costituirti un tuo gruppo di lavoro, di cui essere responsabile. All’estero è più facile crescere e anche sperare".

mercoledì 5 gennaio 2011

zoven zoven zoven

E’ tutto dedicato ai giovani, alle loro problematiche, alle loro difficoltà e alle loro speranze l’ultimo numero di “Note Modenesi” il periodico del centro culturale Francesco Luigi Ferrari che è in distribuzione proprio in questi giorni di inizio d’anno. Un tema in sintonia con quello affrontato dal presidente della Repubblica Napolitano nel suo discorso di fine anno centrato, appunto, sulle difficoltà che i giovani di oggi si trovano ad affrontare, secondo modalità nuove rispetto a quanto accaduto a chi li ha preceduti dal dopoguerra ad oggi. Così anche lo studio del Ferrari parla di “condannati a sperare”. “I giovani di oggi - scrivono gli autori dello studio - quelli di Facebook, quelli che fuggono da Modena e dall’Italia in cerca di un’occupazione o di un dottorato all’estero, quelli che vivono da precari in una società precaria, che faticano a trovare maestri a cui ispirarsi per il proprio futuro, sono condannati a sperare. A sperare che si spezzi la catena, quella creata da individui sempre più auto-referenti, poco inclini alla socialità e al bene comune”. Un viaggio dunque tra la sfiducia, le incognite e le paure dei giovani modenesi, che è scaricabile anche si internet, dal sito del centro www.centroferrari.it e che raccoglie diverse testimonianze di studenti e lavoratori; di chi è venuto a Modena dal Camerun per studiare come ingegnere delle telecomunicazioni, di chi sogna di diventare un guidice tra una sfilata di moda e un premio come Miss. Su Note Modenesi si possono anche leggere le opinioni di studiosi come Massimiliano Panarari, docente universitario e autore del volume “L’egemonia sottoculturale”, o Carmen Lecciardi, docente alla facolta di Socilogia dell’Università di Milano-Bicocca, don Gianni Gherardi, parroco di San Biagio a Modena, una vita spesa accanto ai giovani passando dall’Azione Cattolica al collegio San Carlo, dal Centro sportivo all’istituto Fermi. E ancora Andrea Caccia, regista di “Vedozero”, il film documentario realizzato coinvolgendo settanta adolescenti che hanno ripreso per sei mesi la loro vita con altrettanti cellulari.
“Cambiare si può - dice Gianpietro Cavazza, presidente del Centro - per spezzare la catena dell’indifferenza e dell’autoreferenzialità è opportuno puntare alla ricerca del bello, di qualcosa o qualcuno che rimandi a un principio superiore. da qui l’importanza di testimoni e maestri in grado di accompagnare i giovani verso il futuro”.



martedì 4 gennaio 2011

giovani giovani giovani

Il discorso del 1 gennaio 2011 del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricevuto consensi a palate grazie all'uso della leva retorica che accomuna oramai tutte le forze politiche in campo: i giovani e la loro condanna a scegliere tra espatriare alla ricerca del futuro o sperare che il futuro venga loro incontro grazie a chissà quale miracoloso cambiamento del sistema politico-economico italiano.

Anche la redazione del periodico Note Modenesi, di cui faccio parte, ha deciso di dedicarsi a questo tema nell'ultimo numero della rivista: "giovani condannati a sperare". Note Modenesi non ha mai riscontrato tanta attenzione e lusinghe da parte della stampa locale, dei partiti politici, degli amministratori locali.

è evidente che l'attenzione ai giovani va di moda...

sarà perchè c'è aria di campagne elettorali...
tutte le forze politiche gridano: "largo ai giovani!" che è poi la traduzione di ciò che pensano intimamente: "voti e menti manipolabili da formare!"
sarà perchè i giovani di tutta europa sono disperatamente incazzati...
anche se spesso la stampa americana è proprio all'italia che dedica commenti increduli. un recente articolo del New York Times la chiama "anomalia italiana": un paese che oltre a invecchiare velocemente condanna le sue nuove generazioni a scappare all'estero per lavorare. (NYT: http://www.nytimes.com/2011/01/02/world/europe/02youth.html?_r=2&ref=europe )

vero.


il problema, in italia, è che dal silenzio totale di un paio di mesi fa, si è passati a parlare ininterrottamente (e per giustificare qualsiasi tipo di impianto ideologico nella grande testa della massa umana italica) di questi poveri giovani senza futuro, senza stipendio, senza famiglia, senza casa, senza speranze.
sembra un tormentone. ho paura che, come tutti i tormentoni, anche questo sia destinato ad essere rigettato per indigestione... senza che nel frattempo si sia intrapresa un'azione (addirittura azione? mi accontenterei di un'idea...) per andare nella direzione della soluzione del problema.