giovedì 16 aprile 2009

giusto per ubbidire all'imperativo di pubblicare qualcosa ogni giorno... appoggio qui un pezzo sul buon associazionismo di Formigine: una realtà che mi piace, sempre più, indagare.


FORMIGINE. In questi giorni di festa pasquale le abbiamo viste un po’ dappertutto, le “uova di pasqua del Sahrawi”. Con sei euro si poteva comprare un uovo di cioccolato e, nello stesso tempo, contribuire a finanziare il progetto di accoglienza estiva dei bambini del Sahrawi, dell’associazione Kabara Lagdaf, che della solidarietà con questo popolo ha fatto il suo scopo. Ancora Sahrawi tra le mura del castello di Formigine, con una mostra tesa ad illustrare, attraverso le foto di tre fotografi di respiro internazionale, la vita nei campi profughi Sahrawi, situati nel deserto algerino. Ma come nasce e come opera l’associazione di solidarietà con il popolo Sahrawi?

"L’associazione nasce nel ’93, all’interno dell’ARCI di Modena. Il nome ricorda l’evento drammatico che ha spinto un gruppo di amici ad organizzarsi in forma di associazione: la morte di Kabara, una bambina diabetica Sahrawi ospitata da una famiglia italiana per ricevere le dovute cure", spiega Fabio Campioli, presidente di Kabara Lagdaf, che poi parla del progetto più importante dell’associazione: "Dal ‘93 portiamo avanti l’accoglienza estiva dei bambini Sahrawi. Arrivano in gruppi di dieci, con un loro accompagnatore. Stanno qui per circa due mesi, mediamente 15 giorni in ogni Comune che aderisce al progetto. Quest’anno i Comuni che partecipano sono di più, ognuno mette a disposizione una sede, a Formigine è Villa Sabbatini, e così quest’anno possiamo ospitare fino a tre gruppi di bambini. Qui fanno molte attività ricreative e svolgono un percorso sanitario previsto da un progetto della Regione Emilia Romagna. Se tutto va bene, dopo i due mesi estivi tornano a casa con la loro prima cartella sanitaria, per i bambini malati invece, si attivano delle procedure e si prevedono dei rientri in Italia. I problemi più comuni sono quelli legati ai caratteri ambientali del deserto: celiachia, perforazione dei timpani, calcoli renali, testicoli ritenuti".

Nella sede di Kabara Lagdaf di Formigine, Villa Sabbatini, conosco Addad Baba, 19 anni. Parla bene l’italiano perché ha vissuto un anno a Pistoia per curare i calcoli ai reni, emersi dall’ecografia fattagli durante l’accoglienza estiva nel ’97. Da allora viene in Italia una volta all’anno per sottoporsi a dei controlli. L’anno scorso ha fatto da accompagnatore a un gruppo di bambini Sahrawi: "Per loro è un’esperienza magica, è la prima volta che escono dal deserto. Vedono il mare, vedono il verde della vegetazione. I loro momenti di massimo divertimento sono quando li portiamo in piscina, lì si scatenano", racconta Addad mentre mi prepara il thè sahrawi. Questa bevanda viene preparata con un lungo procedimento e servita in tre bicchieri. Addad me li porge uno alla volta e recita: "Il primo, amaro come la vita; il secondo, dolce come l’amore; il terzo soave come la morte". Terminati i controlli sanitari Addad tornerà in Sahrawi e quest’estate sarà ancora dalle nostre parti per accompagnare i bambini nella loro avventura lontano dal deserto.

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