lunedì 1 novembre 2010

3 donne per capire

Tra le nuove, potenti strade che la ribellione femminile sta percorrendo c’è la rete. I blog di alcune donne italiane molto preparate sono il punto di partenza e di condivisione per progetti che si concretizzano in risultati eccellenti.

Il documentario “Il corpo delle donne”, di Lorella Zanardo, è uno di questi. In parte mandato in onda a L’infedele di Gad Lerner, si fa strada su internet, portando avanti una vera battaglia contro la riproduzione continua di un modello di femminilità falso e nocivo.

Il libro “Ancora dalla parte delle bambine”, di Loredana Lipperini, ha molto successo ed è studiato dai giovani di scienze della comunicazione. È però dal blog “Lipperatura” che vengono coinvolti i suoi numerosi lettori in denuncie contro le campagne pubblicitarie colpevoli di insegnare alle bambine italiane un modo di essere donne che le priva della loro libertà.

E ancora: le lezioni di semiotica dei consumi di Giovanna Cosenza, a Bologna, mirano a responsabilizzare i futuri scienziati della comunicazione: ragazzi e ragazze a loro volta indottrinati, inconsapevolmente, dai messaggi pubblicitari. Attraverso il blog “Disambiguando” Giovanna mette in guardia da come la messa in scena dei ruoli sessuali da parte di tutti i media, danneggi molto spesso e irrimediabilmente l’immagine della donna, ma a volte anche quella degli uomini.

Servono tre donne come queste per rispondere alle domande che Magda si fa da quando ha acceso la televisione in Italia.

“La risposta è complessa. Non c’è, ad esempio, una sola causa a spiegare perché le ragazze italiane siano attratte dal mestiere della velina - risponde Loredana Lipperini, - Primo. L’estrema difficoltà della condizione lavorativa delle donne in Italia. L’occupazione femminile è ancora intorno al 45% contro il 60% degli standard europei. Gli stipendi delle donne, a parità di condizioni, sono inferiori a quelli degli uomini. L’uso del velinismo, da parte di ragazze spesso laureatissime, è una scorciatoia. Secondo. I modelli. Fin dall’infanzia le ragazze sono abituate a dover puntare sul corpo. Bambole-veline, cosmetici invece dei giocattoli, giornalini che insistono sull’importanza dell’aspetto fisico. Terzo. Il corpo, appunto. Qui il discorso si fa enorme: la presunta libertà nella gestione del proprio corpo rende le donne schiave del corpo stesso. Che sia magro, perfetto, identico a quello dei modelli televisivi. E che sia utile, soprattutto. In questi termini, non è una libertà, ma una prigione”. Siamo, insomma, schiave di una lente che deforma le nostre riflessioni su noi stesse, il nostro ruolo, il nostro aspetto. La cosiddetta liberazione sessuale della donna è, oggi, un immenso meccanismo di marketing: siamo libere soltanto di comprare prodotti e vendere il nostro corpo. Come uscirne?

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